Amycanbe... al mattino
Al mattino, per svegliarmi, ci metto circa venti-venticinque minuti. Sono attimi molto delicati, bisogna usare la massima cautela nell’operazione per non compromettere irrimediabilmente l’umore fino al tramonto.
Ci fu un periodo in cui aprivo gli occhi sconquassato da una mitragliata di power chords, suonati da un qualsiasi gruppetto punk nordamericano. Già allora non era un genere che frequentassi molto, ma pensavo di assorbire una quantità di energia sufficiente per tirar sera.
Mi sbagliavo. Si, fu il periodo in cui effettivamente mi alzavo nel minor tempo in assoluto, anche grazie agli insulti che arrivavano dalle altre stanze e le botte sul muro del vicino, ma con un pessimo umore già a colazione.
Non convinto dall’esperimento, riposi fiducia nella sveglia “à la Joy Division”. Volevo provare qualcosa di diametralmente opposto. Aprire gli occhi con atmosfere cupe e decadenti, per scatenare una reazione violenta. Invece scatenavo mille domande esistenziali, che se non fosse venuto spesso mio padre a tirarmi giù dal letto, il più delle volte sarei rimasto sotto al piumone tutta la mattina, in preda ad acute crisi depressive.
Tutto si risolse, quando in un caldo mese di maggio di qualche anno fa, scoprii i Belle & Sebastian. “If You’re Feeling Sinister” era già uscito da qualche anno, ma io non ero alla ricerca del disco ad effetto sorpresa (anche se poi contagiai molte persone attorno a me), ma di quel benedetto “disco della sveglia”. Diventai dipendente. Lo consumai. Rimase nel lettore mesi e mesi, protetto da tutte le stagioni che fuori si avvicendavano. La custodia era perfettamente integra, tanto poche furono le volte che ve lo riposi, anche solo temporaneamente. Insomma, mi bastava ascoltare “Get Me Away From Here, I’m Dying”, “Fox in the Snow” e “Judy and the Dream of Horses” ed ero galvanizzato per ore ed ore.
Nel corso degli anni poi, di “dischi della sveglia” ne trovai altri, raramente però raggiunsero le vette di “If You’re Feeling Sinister”. Oltre a tutti i lavori dei Belle & Sebastian, che prima o dopo si avvicendarono nell’assolvere questo compito, ricordo gli Yo La Tengo di “Summer Sun”, i Songs:Ohia di “Magnolia Electric Co.”, i Lali Puna di “Faking the Books”…
Ultimamente questo onore toccava ad Emiliana Torrini con “Fisherman’s Woman”. Aggraziato come risveglio, ma nelle ultime settimane, arrancava un pochino nel lettore.
Neanche a farlo apposta, settimana scorsa, promuovendo un progetto legato al podcast per le band emergenti italiane, ho trovato la mia nuova sveglia.
Mi arriva un demo dei romagnoli Amycanbe, un progetto originariamente strumentale avviato da Mattia Mercuriali e Marco Trinchillo, arricchitosi poi dall’incontro dei due con la cantante Francesca Amati e con i fiati (“aliti”) e le tastiere di Paolo “Pelo” Gradari.
Il primo ascolto non lascia dubbi: è lui, si, l’ho trovato… ma possibile che in così pochi se ne accorgano?
Gli intrecci acustici, le melodie nordiche, i fiati rispettosi e poi lei, Francesca… così avvolgente…
Mi sembra tutto perfetto, ma c’è un piccolo problema. L’EP non copre tutta la durata del rito. Mi costringe ad essere operativo in circa un quarto d’ora. Detto in altre parole, ne voglio di più. So che i ragazzi sono al lavoro, ma che si sbrighino, per diamine! Altrimenti sarò costretto a chiedere a William, il loro disponibilissimo manager, il noleggio di Francesca al mattino.
Come già accennato, un pezzo degli Amycanbe era previsto nella scaletta del 13° episodio di lazysundays. Il loro ascolto è rimandato alla data di ripristino del servizio (podomatic dice il 22 febbraio!), nel frattempo visitate la loro pagina di MySpace.
Aprite delicatamente.
Ci fu un periodo in cui aprivo gli occhi sconquassato da una mitragliata di power chords, suonati da un qualsiasi gruppetto punk nordamericano. Già allora non era un genere che frequentassi molto, ma pensavo di assorbire una quantità di energia sufficiente per tirar sera.
Mi sbagliavo. Si, fu il periodo in cui effettivamente mi alzavo nel minor tempo in assoluto, anche grazie agli insulti che arrivavano dalle altre stanze e le botte sul muro del vicino, ma con un pessimo umore già a colazione.
Non convinto dall’esperimento, riposi fiducia nella sveglia “à la Joy Division”. Volevo provare qualcosa di diametralmente opposto. Aprire gli occhi con atmosfere cupe e decadenti, per scatenare una reazione violenta. Invece scatenavo mille domande esistenziali, che se non fosse venuto spesso mio padre a tirarmi giù dal letto, il più delle volte sarei rimasto sotto al piumone tutta la mattina, in preda ad acute crisi depressive.
Tutto si risolse, quando in un caldo mese di maggio di qualche anno fa, scoprii i Belle & Sebastian. “If You’re Feeling Sinister” era già uscito da qualche anno, ma io non ero alla ricerca del disco ad effetto sorpresa (anche se poi contagiai molte persone attorno a me), ma di quel benedetto “disco della sveglia”. Diventai dipendente. Lo consumai. Rimase nel lettore mesi e mesi, protetto da tutte le stagioni che fuori si avvicendavano. La custodia era perfettamente integra, tanto poche furono le volte che ve lo riposi, anche solo temporaneamente. Insomma, mi bastava ascoltare “Get Me Away From Here, I’m Dying”, “Fox in the Snow” e “Judy and the Dream of Horses” ed ero galvanizzato per ore ed ore.
Nel corso degli anni poi, di “dischi della sveglia” ne trovai altri, raramente però raggiunsero le vette di “If You’re Feeling Sinister”. Oltre a tutti i lavori dei Belle & Sebastian, che prima o dopo si avvicendarono nell’assolvere questo compito, ricordo gli Yo La Tengo di “Summer Sun”, i Songs:Ohia di “Magnolia Electric Co.”, i Lali Puna di “Faking the Books”…
Ultimamente questo onore toccava ad Emiliana Torrini con “Fisherman’s Woman”. Aggraziato come risveglio, ma nelle ultime settimane, arrancava un pochino nel lettore.
Neanche a farlo apposta, settimana scorsa, promuovendo un progetto legato al podcast per le band emergenti italiane, ho trovato la mia nuova sveglia.
Mi arriva un demo dei romagnoli Amycanbe, un progetto originariamente strumentale avviato da Mattia Mercuriali e Marco Trinchillo, arricchitosi poi dall’incontro dei due con la cantante Francesca Amati e con i fiati (“aliti”) e le tastiere di Paolo “Pelo” Gradari.
Il primo ascolto non lascia dubbi: è lui, si, l’ho trovato… ma possibile che in così pochi se ne accorgano?
Gli intrecci acustici, le melodie nordiche, i fiati rispettosi e poi lei, Francesca… così avvolgente…
Mi sembra tutto perfetto, ma c’è un piccolo problema. L’EP non copre tutta la durata del rito. Mi costringe ad essere operativo in circa un quarto d’ora. Detto in altre parole, ne voglio di più. So che i ragazzi sono al lavoro, ma che si sbrighino, per diamine! Altrimenti sarò costretto a chiedere a William, il loro disponibilissimo manager, il noleggio di Francesca al mattino.
Come già accennato, un pezzo degli Amycanbe era previsto nella scaletta del 13° episodio di lazysundays. Il loro ascolto è rimandato alla data di ripristino del servizio (podomatic dice il 22 febbraio!), nel frattempo visitate la loro pagina di MySpace.
Aprite delicatamente.
4 Comments:
bravi bravi gli amycanbe. la francesca ha una voce stupenda
non ce li meritiamo ;) la Labrador magari... sì
potete ascoltare la meravigliosa voce di Francesca anche nel suo altro progetto, i Comaneci, presenti anche nella colonna sonora del film "Provincia meccanica"
se ti piacciono gli Amycanbe, allora non puoi perderti i Comaneci, il primo gruppo della cantante.
Per me sono molto più bravi e particolari. Il loro sito credo sia comaneci.org
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