giovedì, gennaio 19, 2006

Sybris

E finalmente ce l’ho fatta.
Sì, sono riuscito a segnalare un disco della Flameshovel prima che arrivassero quelle macchine da guerra impressionanti, che rispondono ai nomi di Axelmoloko e FranP, ideatori del blog Indie for Dummies.

Del robusto pacchettino che la suddetta casa discografica ha inviato, gli amici romani hanno già esaurientemente parlato di Chin Up Chin Up, Bound Stems e Narrator, evidenziando l’ottimo lavoro svolto negli ultimi tempi dall’etichetta di Chicago.

Fortunatamente, si sono dimenticati di recensire, o quantomeno nominare, il disco che mi ha più colpito, ovvero l’omonimo esordio dei Sybris.

E’ una monotona serata dell’aprile 2003 quando Shawn Podgurski (basso) e Phil Naumann (chitarra) incontrano Angela Mullenhour (voce e chitarra). Probabilmente nel tentativo di rimorchiarla (questo le note ufficiali non lo riportano, ma guardando le foto…) i due scoprono che anche Angela è una musicista e sta cercando altre persone con cui suonare.
Ai due furbetti non sembra vero, un pretesto provoleggiante più efficace di questo non esiste. Già me li immagino: “..sì dai, vieni in settimana che proviamo insieme…”. E chissenefrega poi se quello che viene fuori è abominevole…

Invece, con grande sorpresa di tutti, ciò che esce dalla session notturna dei tre, assieme all’allora batterista Bill Bumgardner (sostituito più tardi da Eric Mahle), è quanto di più strabiliante ci si potesse attendere. E così, sulle ali dell’entusiasmo, i quattro decidono di ribattezzarsi Sybris e di affinare la loro intesa. Il crescente consenso che si manifesta attorno alla band, dovuto principalmente all’intensa attività live (accanto a And You Will Know Us By The Trail of Dead, Stars, The Thrills), li porta a firmare un contratto nella primavera del 2005 con la Flameshovel Records, con la quale producono l’album d’esordio omonimo.

L’album ha subito un ottimo impatto sulla critica statunitense, tanto da guadagnarsi un prestigioso 8.0 da Pitchforkmedia. Forse è un tantino generoso come voto. Per me, un disco da otto è un disco che mi sveglia prepotentemente al mattino e mi costringe a farsi ascoltare per ore. Sinceramente non posso dire che questo accada. Però non mancano spunti molto interessanti, a cominciare da una tensione shoegaze che si avverte, sparsa qua e là tra le nove tracce.
Molti li hanno paragonati agli Yeah Yeah Yeahs, soprattutto per l’utilizzo che Angela fa della propria voce, ma la sensazione globale è quella di essere di fronte a sonorità meno levigate e a tratti più hard.

In attesa di vedere come si evolveranno, godiamoci qualche ottimo spunto.

Best Day in History Ever
Breathe Like You’re Dancing

You're Only Confident in Your Insecurities

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

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